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venerdì 21 novembre 2008

Ernia cervicale

Dolori a collo e spalle, mal di testa, formicolii, sensazione di scossa elettrica al braccio. Fino ad arrivare alla perdita di sensibilità delle dita della mano ed addirittura della forza. Questi sono i sintomi dell'ernia cervicale, cioè l'uscita dalla sua sede del disco, il cuscinetto che fa da ammortizzatore tra una vertebra e l'altra.
E' un problema provocato in genere da traumi come il colpo di frusta o da posizioni sbagliate e colpisce il 2 per cento degli italiani, soprattutto giovani donne. Ma oggi, quando non guarisce con le cure mediche, si può risolvere con un nuovo intervento che sostituisce il disco danneggiato e ridà funzionalità al collo, senza ridurne la capacità di movimento.
Rispetto alla tecnica tradizionale, che blocca le vertebre con una specie di gabbietta od un innesto d'osso, con il rischio di rendere un pò rigido il tratto cervicale, si utilizza una protesi dinamica. Questa riesce a svolgere la funzione di ammortizzatore proprio come il disco naturale, restituendo subito l'agilità di movimento.
L'operazione si fa in anestesia generale e dura circa un ora. Attraverso una minincisione di 2 centimetri si sostituisce il disco rotto con questa speciale protesi fatta di materiale biocompatibile. Dopo uno o due giorni si torna a casa e si può riprendere una vita normale. Senza dover indossare il collare, come succede con l'intervento tradizionale.
La nuova tecnica va bene per tutti, ma soprattutto per i pazienti più giovani, fino ai 50 anni, 55 anni. Non è adatta invece, se c'è già una forte artrosi perchè i benefici della protesi vengono vanificati dopo pochi mesi. Oppure in caso di lussazione, cioè di scivolamento di una vertebra sull'altra, che si può risolvere solo con l'intervento classico. Si ricorre all'intervento chirurgico quando l'ernia è ad uno stato avanzato. Altrimenti si prova prima coi farmaci antinfiammatori, antidolorifici ed i cicli di fisioterapia. Nella maggior parte dei casi, il problema si risolve, perchè l'ernia si disidrata e si riduce, non comprimendo più il nervo. Solo dopo tre, quattro settimane di terapia i disturbi non migliorano, o addirittura peggiorano, allora non resta che il bisturi. La nuova tecnica viene già utilizzata, oltre che al Politecnico di Pavia, in altri centri pubblici.

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